Cultura, l'assessore inesistente

salaTra i “trombati”  della nuova giunta c’è Ermano Guerra, responsabile della cultura dal 2011. Non lascerà un grande vuoto. Se c’è stato infatti un assessorato invisibile ai più, è stato quello affidato al medico salernitano, notabile di lungo corso  al palazzo comunale che porta il suo nome. All’istruzione fin dagli anni ’90, poi alle politiche sociali, quindi negli ultimi cinque anni  incaricato della cultura. Un bel compito per un odontoiatra,  svolto in perfetto stile local, senza discostarsi nemmeno di un centimetro dalle direttive del capo. Dai modi  cordiali,  a differenza di altri colleghi, Guerra si è guardato bene dall’ esprimere un qualsiasi intervento personale e se ne va senza lasciare alcun segno del suo passaggio. Nicolini aveva lasciato l’estate romana,  Valenzi Estate a Napoli; Rutelli, Veltroni l’Auditorium di Piano. Guerra, niente. C’è da chiedersi il perché di tanto cupio dissolvi dei politici salernitani, considerato il disinvolto “usa e getta” dopo tanti anni di onorata fedeltà.  Può darsi che arriverà qualche contentino ma intanto non si è distinto per particolare creatività;  nessun albo degli operatori né uno straccio di regolamento dei contributi assegnati a pioggia e ad personam, nessun evento che porti il suo nome. Avvocati, costruttori, assicuratori, periti di tutto tranne che di cultura, si sono lanciati in spericolate iniziative di arte varia, spesso di assoluta mediocrità e irrilevanza. Mai è stato definito un minimo budget per l’assessorato; sotto il suo naso sono andati in rovina beni culturali, altri sono rimasti inutilizzati; gli sono passate davanti nomine di peso che gli spettavano come quella del direttore artistico della stagione lirica; non una parola è mai giunta sulla stagione teatrale anzi, da consigliere nell’ormai famigerata Fondazione Salerno Contemporanea,  si è distinto per l’ostinato silenzio alle proteste dei lavoratori che chiedevano conto dei debiti e degli stipendi non pagati. Ha permesso e presenziato a manifestazioni artistiche di incerto valore di artisti esposti con tariffe a metraggio; non si è mai preoccupato di creare un museo, una libreria, un luogo per l’arte e la cultura. Forse l’unica attività a lui ascrivibile è quella di Salerno letteratura, festival copiato di sana pianta da Mantova, promosso con soldi pubblici e affidato ad amici. Un non-assessore che si è gratificato della sola nomina e che forse dovrà chiedersi oggi se poi ne è valsa la pena. Con la nuova giunta, la delega per la cultura, salvo controindicazioni, pare l’abbia presa il sindaco Napoli ma è del tutto improbabile che esca dal seminato. Rischierebbe di uscire dal Comune.  Forse potrebbe almeno evitare  che si usi il Diana Pasolini come un boudoir privato o almeno, per carità di patria, liberarci di Sgarbi. Nella grande scuola di Filiberto Menna ci sono critici e curatori salernitani di rilievo ed è davvero indecoroso che si facciano operazioni commerciali di finte esposizioni d’arte coperte da finte curatele. Forse,  sarebbe anche l’ora di capire il reale rapporto costi - benefici di due costosissime operazioni, la stagione lirica e le cosiddette Luci di artista. La prima con ulteriori finanziamenti regionali  tocca poco più di 4000 spettatori e non ha uno straccio di politica dei prezzi. Per le luci , dopo 30 milioni di spesa in dieci anni, sarebbe il caso di valutare se, a parte i voti, l’evento porti reali  benefici economici alla città.  Ma nulla cambierà e l’esperienza dell’assessore uscente docet. E’ stato scritto che Guerra è sempre stato tenuto sull’uscio senza mai entrare nelle stanze dei bottoni. Vero,  ma se uno i bottoni non li schiaccia, forse si merita di togliere l’ingombro.