Cultura, il mondo di Suzie Wong

suzieUno dei grossi equivoci del  cosiddetto “Sistema Salerno”  è che esso riguardi in modo esclusivo la politica  e gli uomini che la dirigono. Questo spinge gran parte della pubblicistica locale  a operare una distinzione tra politica e società, per cui da una parte si esprimono nette prese di posizione sull’organizzazione del “sistema”, e sugli interessi che tutela,  dall’altra si suona la grancassa sugli eventi. Una specie di mondo parallelo, una sorta di mondo di Suzie Wong,  dove il giudizio resta sospeso per confondersi con quello stesso sistema di cui si denunciano altrove le malefatte. Ma come nel bellissimo film americano del ’60,  dietro il mondo patinato delle passerelle dei vip si celano spesso miseria e squallore. Il mondo illusorio di Suzie Wong è il mondo della cultura salernitana dove fervidi  oppositori di improvviso restano folgorati  dal reading dell’autore, dalla lettura poetica, dall’incontro con lo scrittore all’ultima “page”. Dimenticando che la cultura - e la politica che la organizza (leggi politica culturale) - è il cuore del sistema stesso, è la sua immagine buona, ne è per molti aspetti la quintessenza, soprattutto laddove esce dal cialtronismo dilagante. E' il caso di Salerno Letteratura che indubbiamente presenta molte occasioni interessanti, scrittori noti, presenze significative e quindi certamente ne va segnalata la qualità, anche diversa da gran parte delle manifestazioni amatoriali che si svolgono sul territorio locale. Cosa c’è che non va allora e perché ostinarsi nel collocarsi in maniera pregiudiziale al di fuori del sistema,  si chiede sul sito I confronti, il regista Pasquale De Cristofaro  ("Salerno Letteratura, facciamo crescere questa iniziativa").  A parte che l'iniziativa è già cresciuta di suo; a parte che rimanere fuori non sarebbe di per sé un male vista la tanta gente che c’è dentro ma la critica riguarda non tanto le modalità artistiche e organizzative della manifestazione ma i criteri che l’hanno generata i quali restano i medesimi, extra-artistici  e ancorati a risultanze amicali e personali del tutto estemporanee. Perché è solo un puro caso che sia stato chiamato un direttore artistico competente (al solito da Napoli) e non qualche avvocato appassionato di Pasolini o dell'arte contemporanea come è avvenuto per altri accadimenti nostrani. Purtroppo il Comune non è un ente privato che può regalare  soldi a chi gli pare ma è un organismo pubblico che risponde  a normative di legge  di pari opportunità, di trasparenza, di correttezza le quali valgono sempre, sia che si faccia pessima cultura sia che se ne faccia di buona. Capiamo che il discorso sia noioso ma il Comune di Salerno non si è mai dotato di un programma culturale e di un budget certo, di un regolamento di erogazione di contributi, non ha mai costituito un albo o consulte delle associazioni, eroga più di 500mila all’anno  solo alle associazioni per iniziative di cui si ignorano i bilanci, i preventivi e i consuntivi; lo stesso vale per la concessione di spazi pubblici nei quali tutti  avrebbero diritto di entrare e non solo se sono amici  o meno della giunta o votano per i suoi rappresentanti. E’ questa assenza di regole che ha permesso il disastro della Fondazione Salerno Contemporanea e la chiusura del Ghirelli ( e di cui non si è mai dato conto alcuno),  il crearsi di sacche di privilegio nelle quali intere famiglie hanno trovato spazi e occasioni di lavoro o, ancora, l’esclusione di molti degli operatori salernitani che oggi inneggiano a Salerno Letteratura e che di questa logica è parente stretto. L’ordinamento degli enti locali fissa dei principi e occorrono requisiti specifici, trasparenti e misurabili, per l'istruttoria dei progetti che si inviti il Premio Strega o il  Campiello. Il Comune di Salerno si configura come antidemocratico,  in totale assenza di regole e di rispetto per la legalità, con posizioni dominanti,  protettorati,  gravi discriminazioni ma questo non vale solo per fatti macroscopici come le grandi opere ma anche per quei settori dove girano meno soldi ma che potrebbero dare lavoro a tanti giovani a spasso. O tutto questo è sospeso se arriva Pennacchi?  Anche nel merito del Festival c’è forse qualcosa da dire se le cose si guardano da un punto di vista di una seria organizzazione della cultura;  come il discorso sul “doppione” del FestivalLetteratura di Mantova il quale nacque sulla base di uno studio della Regione Lombardia per rilanciare l' immagine di una città, con il risultato che oggi quel marchio è diventato distintivo di Mantova. Inoltre Mantova riceve dai privati il 75 per cento del budget e solo  l’11 per cento dalle istituzioni mentre il resto viene dai biglietti,  ha 150 sponsor, vende 66mila biglietti per 130mila spettatori;  dati che riguardano anche altre iniziative come il Festival di Filosofia di Modena Carpi e Sassuolo con 90mila spettatori, 45mila al Festival della  Mente di Sarzana, 14mila a LetterAltura sul Lago Maggiore, 13mila a Bergamoscienza. E Salerno Letteratura, quanti soldi, quanti spettatori, quanti biglietti venduti?  E le cosiddette Biennali di Palazzo Fruscione quanto hanno incamerato dagli artisti partecipanti? Quindi il problema non è copiare ma copiare male, come nel caso di Luci di Artista copiata malissimo da Torino e forse bisognerebbe chiedersi come mai a Salerno non si produca alcuna iniziativa originale.  Insomma se non abbiamo idee nostre, si può almeno capire cosa c’è dietro ad una idea valutando e monitorando attentamente i progetti.  Se “Salerno letteratura”  è una delle cose da salvare,  apra un dibattito pubblico sulla organizzazione della cultura a Salerno con la nuova amministrazione chiedendo regole certe per sè e per gli altri,  magari invitando gli organizzatori di Mantova come esempio e di buone pratiche. Come ha scritto sullo stesso sito il collega Massimiliano Amato (“Sistema Salerno, se la mappa del potere si riduce ad un fortino”),  “Il collateralismo culturale al regime … è governato da una sorta di “psicosi dell’esclusione”. Si aderisce non per convinzione, ma per stare dentro la narrazione dominante. Lo “spirito gregario” prevale su tutto il resto”, con il risultato di devolvere “quote sempre più ampie di autonomia critica e sovranità al decisore unico. Fino a farsene prosciugare”. Appunto, non si tratta di essere “amici o nemici”, di farsi includere o meno ma di non farsi prosciugare nella propria autonomia critica. Ognuno decida come meglio crede se stare fuori o dentro le passerelle di questo o quell'evento, ma si lascino quelle poche zone di pensiero critico della città rimaste, le quali  come diceva Bertold Brecht sono le uniche “indispensabili”.