Comunali: ecco chi non vuole Agosto candidato sindaco

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Sembrava che il risultato dell’Election Day di domenica scorsa al San Demetrio potesse bastare a tutti – dentro e fuori la galassia grillina – per mettere la parola fine alla lunga gestazione della scelta del candidato-sindaco dei 5 Stelle alle elezioni comunali di giugno. Invece le polemiche ancora una volta sono state riattizzate. Si dice che il nome “divide”, che 19 voti di distacco tra Agosto e Provenza sarebbero pochi per far marciare uniti i pentastellati nel corso di una campagna elettorale che non risparmierà colpi e sorprese. E’ insomma il momento di gloria dei “guastatori” che si agitano per far saltare i nervi e indurre il Movimento a mettere in discussione tutto, compreso se stesso. Mentre proprio in questo passaggio ai cittadini che vorrebbero votarlo piacerebbe vederlo unito e convinto dietro le proprie bandiere. Ma è proprio questo il punto. La candidatura dell’avvocato Agosto – avversata a ragione all’esterno perché troppo “caratterizzata” politicamente (il professionista viene infatti identificato come l’avvocato "No Crescent", la prima e più ardua delle battaglie civili avviate in città da molti anni) dovrebbe trovare nel Movimento un convinto e tenace sostenitore. La mezzaluna è infatti il simbolo del modello di città che non si vuole, perché fonda lo sviluppo economico-sociale sul consumo insensato, disastroso e inutile del territorio urbano. C’è bisogno di opporre a chi si propone di “continuare”nello scriteriato impianto di enormi caseggiati sul litorale e sulle nostre belle colline (spacciandolo per trasformazione urbana) una diversa concezione delle funzioni vitali di una moderna città di medie dimensioni: dalla mobilità multimodale, alle reti di servizi socio-culturali e di sottoservizi, ai nuovi istituti della democrazia partecipativa, dove siano i cittadini stessi a indicare obiettivi, priorità e modalità delle cose da fare. Piuttosto che infilarsi in polemiche di scarso peso (se 19 voti bastino o meno a fare un vincitore, partendo da una base di 180 elettori, di cui 164 votanti, e dove 19 voti in più, per quanto pochi, sono pur sempre l’11,6% dei voti espressi, quando le assemblee sono state aperte a tutti, e il voto riconosciuto a chi avesse partecipato anche a una sola di esse) o di ridicolo contenuto (come l’accusa mossa ad Agosto di aver partecipato a dibattiti televisivi senza aver prima concordato i temi, che equivale a pretendere si convochi un’assemblea per decidere che cosa andare a dire in televisione, col rischio di essere epurato per aver usato l’indicativo al posto del condizionale), il Movimento impegni tutte le energie sulla formulazione del programma da affidare al portavoce. Un piccolo elenco di forti e innovative iniziative in poche aree di intervento da realizzare in una città che per 23 anni si è dondolata al racconto di storie in parte ancora appese. Non a caso, in questi giorni si sta facendo l’impossibile (e fino al voto sempre più si farà) per riaprire cantieri sequestrati, dissequestrati e risequestrati, perché passi agli elettori il messaggio mediatico che lo storytelling salernitano avviato all’inizio del ventennio è pronto per arricchirsi di altri capitoli. Pur disponendo di un largo consenso nella città, dove le maglie della struttura di potere tengono insieme persone e gruppi sociali, “il sistema” ha ragione di preoccuparsi che durante la campagna elettorale possa essere "offerta" una diversa versione dei fatti qui accaduti in questi lunghi anni. Durante i quali chi ha navigato nella scia della politica si sarà pure arricchito (come diceva lo slogan). Ma queste storie non hanno mai riguardato i cittadini comuni che vivono del proprio lavoro. I quali, invece, si sono spesso impoveriti, perché, in conseguenza della grande quantità di nuove case messe sul mercato, hanno visto deprezzarsi le proprie acquistate coi sacrifici di una vita. E in più hanno dovuto soggiacere all’insostenibile aumento della tassazione locale. Il “sistema” politico ha potuto così galleggiare a lungo, perché – tranne rare eccezioni – ha potuto contare sopra il gentlemen’s agreement delle opposizioni (in particolare nel centro-destra) che nei fatti hanno contribuito più a consolidarlo che a combatterlo. Sicché oggi la presenza – anche sulla scena locale - di un nuovo soggetto politico che non scende a patti e non baratta la vigilanza con rendite di posizione – al di là del peso specifico elettorale, mette paura proprio per la sua irriducibile radicalità. Non essendo sul mercato, diventa “pericoloso” anche solo averlo tra i piedi. Ecco perché coi potenti mezzi del “sistema” si è cercato, si cerca e si cercherà ancora di marginalizzarlo e depotenziarlo. In tutti i modi. Anche con qualche “aiutino” che i pentastellati - come si sa - non negano a nessuno.