Come in un film. Part one

imagesNHEISF39Quel giorno, Charlotte si guardava e riguardava allo specchio incessantemente. Era lì, cupa e dimessa, ad osservarsi mentre cercava di trovare mille occupazioni in cui tuffarsi per evitare di essere rapita dai pensieri. Occupazioni pratiche, s'intende. Non riusciva a stare al pc, anche se scrivere era sempre stato nelle sue corde, la sua grande passione. Ma ora no. Ci aveva provato in quei mattini bui, divenuti ormai costanti, e subito la mente era andata in libertà, sottraendosi al suo volere. Per questo aveva scelto di stare in movimento, di fare cose, di arrivare a sera esausta. Stanca si sentiva già appena sveglia, in verità, e debole, pure. Mangiava poco e male.
L'immagine che stava osservando riflessa in quello specchio non le piaceva - in fondo, non si era mai piaciuta, fin da piccola - e anzi, quasi le sembrava di non riconoscersi in quel corpo smagrito e spigoloso che era il suo. Le succedeva spesso di dimagrire quando le cose andavano storte, quando si sentiva giù, nei periodi di stress. Da ragazza, sotto esame o per un amore sbagliato, al tempo dell'università, e poi più avanti negli anni, nei momenti 'no'. Si riguardava nelle vecchie foto quasi incredula, sbigottita, ed ora era di nuovo così, caduta ancora nella trappola.
Poi, quello sguardo triste, affranto, e gli occhi sempre gonfi di lacrime. "Cosa è stato dei miei sorrisi? Dove sono finite la solarità, la voglia di combattere, la determinazione ad andare avanti, sempre e comunque?". Si interrogava con le lacrime agli occhi, quel giorno, senza riuscire a darsi una risposta. Erano mesi ormai che si sentiva sprofondata in un abisso di prostrazione, di angoscia, di disillusione. Aveva perso ogni stimolo, ogni positività. Si trascinava avanti senza una meta, senza riuscire a porsi un obiettivo. Lei, proprio lei che aveva intrapreso mille battaglie per ritagliarsi tenacemente un piccolo, minuscolo spazio a dispetto di chi non ci credeva. Ma ora tutto le sembrava lontano, altro da sé. Quegli anni di sorrisi e di pianti, di gioie, traguardi e sconfitte le apparivano come un puntino impercettibile all'orizzonte.
Lei era lì, inerme, silenziosa. Si osservava dall'esterno, come in un film, mentre cercava di riprendere affannosamente il bandolo della sua vita frenetica, di ricominciare a volare.
D'un tratto, come in uno di quei terribili incubi notturni che mettono agitazione, che fanno sudare freddo, quando si vorrebbe scappare da qualcosa o qualcuno ma le gambe non si muovono, Charlotte capì di non averne più la forza, di essere senza energie. Non riusciva a rialzarsi.
"Ecco come si sente un ameba" - si diceva alzandosi al mattino, prima di indossare la maschera della 'normalità' -. Che cosa orribile la depressione. Tu neanche te ne accorgi ed è già lì. S'impossessa del tuo corpo, rapisce la tua mente e per te non c'è scampo. Ma io devo farcela anche stavolta. Devo vincere e recuperare il sorriso".
Ripercorreva a ritroso gli anni della sua esistenza, scavando nella memoria, per cercare di dare risposte al suo malessere interiore. Le capitava di pensare che, tutto considerato, riflettere troppo sui propri errori, ripescare le fasi buie, scandagliare i problemi, catalogare ossessivamente rimpianti e rimorsi, lasciandosi lacerare dai sensi di colpa, non le aveva mai giovato e, certo, ora risultava deleterio.
Doveva ritrovare la forza, sì, per rinascere.
Fu nel corso di una mattina soleggiata di primavera che Charlotte cominciò a sentirsi diversa, più vitale. Aveva indossato un abitino colorato che le stava molto bene, nonostante lei trovasse sempre mille difetti nel suo aspetto. Il suo volto le appariva meno opaco e lo sguardo più sereno. Ma forse era lei che voleva vedersi meglio. Si truccò per coprire la stanchezza e il torpore che le avevano solcato le guance. Aveva dato appuntamento alle sue amiche per un caffè. Per settimane non aveva risposto alle loro telefonate né ai messaggi. Ora, finalmente, le sembrava di aver voglia di stare in mezzo alla gente, ma non era intenzionata a raccontare nulla di ciò che le procurava sofferenza. Avrebbero notato il suo dimagrimento eccessivo, questo sì, espressione tangibile della sua inquietudine, ma era certa che vederle e chiacchierare le avrebbe fatto bene... (continua).

*Qualsiasi riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale