Chi ha vinto le primarie in Campania?

di Carmine Pinto
Le primarie del Partito democratico hanno definito gran parte della futura delegazione parlamentare campana (il centro romano dovrà indicare solo i capolista). Oggi pomeriggio la direzione regionale del Pd compilerà le liste e verificheremo sorprese ed elenchi. Per ora l'unica novità è l'indicazione di un numero di candidate maggiore di quello tradizionale, favorito dal meccanismo della doppia preferenza (si poteva votare per un uomo e per una donna). Le primarie hanno sostanzialmente riprodotto il quadro interno delineatosi nel partito dopo il crollo di Bassolino e della sua area politica, nel 2010, e ci offrono uno scenario che consente di riflettere sulle prospettive dei democratici campani.
Il centro sinistra, in regione, è vissuto dieci anni sulla solida quanto difficile alleanza tra l'ex comunista presidente della giunta regionale e l'unico grande democristiano sopravissuto alla Prima repubblica, Ciriaco De Mita. Il sodalizio aveva ottenuto molti successi. Separati prima, come Ds e Margherita, e poi insieme nel Pd, i due avevano determinato il governo della regione e gli equilibri di potere locale (a partire dal capoluogo regionale).
L'alleanza aveva tre caratteristiche. La prima era il ruolo nazionale: la Campania aveva deciso la vittoria di Prodi e la linea di resistenza del centro sinistra nel Mezzogiorno, assegnando un grande potere ai due leader, sistematicamente contrastati però dai vertici romani che ne subivano con sofferenza il potere e la personalità.
Il secondo elemento era un sostanziale equilibrio tra sinistra e cattolici, con una forza maggiore dei primi, soprattutto nelle aree metropolitane, attraverso un rigido confronto per decidere la gestione politica del governo regionale e le sue risorse clientelari. Infine la combinazione tra la personalità dei due leader, le tradizioni della sinistra democristiana irpina e del Partito comunista napoletano, manteneva un notevole livello della qualità della battaglia politica ma, allo stesso tempo, schiacciava sia altre culture (socialisti e laici) che nuove forze emergenti.
La questione dei rifiuti e il logoramento del potere regionale travolsero Bassolino, la forbice di Veltroni e dei suoi ex amici campani colpì De Mita alle spalle. Nel 2010 il vecchio sistema venne annientato: la Regione fu conquistata dal centro destra, il comune di Napoli, l'anno dopo, dalla sinistra radicale e giustizialista. Il nuovo Pd non fu capace di esprimere leadership di quel livello e incassò una sconfitta dopo l'altra, mentre si formava un nuovo equilibrio, dominato da settori di provenienza democristiana in regione, da De Luca a Salerno e da un complicato mosaico nel napoletano, senza leadership generali riconosciute. Le primarie lo hanno fotografato ed esasperato.
A Napoli si è riprodotto il mosaico frammentato del 2010, con una prevalenza degli ex Margherita, ma in Campania 2 questi hanno addirittura fatto cappotto. A Salerno tra le prime 8 posizioni, ben 6 sono di provenienza Margherita (o riconducibili a uomini come Alfieri o Vaccaro, sempre di questa estrazione). La guerra interna agli ex Ds ha distrutto gran parte della loro forza, preponderante ai tempi di Bassolino, lasciando pochi superstiti. I nuovi rapporti interni potranno riservare molte sorprese, sia nella composizione del futuro ed eventuale governo che nella determinazione di un candidato alla presidenza della regione. Per ora confermano un partito che cresce ma non ha ancora completato la sua transizione.
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pubblicato su "la Città" del 5 gennaio 2013