Campania, la grande occasione perduta del PD

delucaMatteo Renzi e il Pd avevano una grande occasione: trasformare la crisi di Forza Italia e della destra in un’arma a proprio vantaggio e fare della Campania un  grande progetto per il Mezzogiorno. Se infatti è difficile cambiare un paese, niente di meglio che provare a cambiare una regione emblematica dei mali del sud  che avrebbe potuto diventare il laboratorio politico di eccellenza per la rottamazione di una vecchia politica e farne un crogiuolo virtuoso da mostrare orgogliosi al mondo intero. Per fare  questo erano necessarie due cose: che vi fosse un Partito non della Nazione ma del paese, e che questo partito avesse quella che si chiama una “visione” che altro non è che una idea del mondo. Questo partito avrebbe dovuto avere non solo un cervello ma anche una capacità di empatia  per gli abitanti campani che non possono vivere felici se nelle proprie strade si spara, se per curarsi devono andare al Nord, nelle proprie periferie la terra rigurgita di veleni e i propri giovani sono costretti ad emigrare. Nessuno,  anche se abita nei quartieri alti,  può vivere felice se anche le affissioni elettorali diventano un racket e  gli appalti sono come la carta igienica e non finiscono mai. E invece oggi Renzi prende le distanze, dà un colpo a Caldoro e uno a De Luca, sa che qui davvero si sta giocando la faccia e che la minoranza chiassosa sta usando il pasticcio delle liste e delle truppe “camorrate” come una catapulta piena di fango bollente. C’è chi dice che questo sia il vero intento, svuotare il partito dal di dentro: da una parte ci sarebbe un Partito buono che si è fatto abbindolare da De Luca, dall’altra ci sarebbe Attila flagello del Pd che si appresta a valicare le dolomiti di Napoli e ad espugnare il castello di Santa Lucia. Ora se Santa Lucia è cieca, noi elettori ci vediamo molto bene e questa tesi non convince affatto. Perché se anche fosse,  Matteo Renzi e il Partito democratico sono in ogni caso responsabili di questo disastro di cui è bene che – comunque vadano le cose- si assumano in toto la colpa. Anche per il futuro. I signori che si sono alleati con De Luca, alias impresentabili, alias innominabili, non se ne staranno certo con le mani in mano, soprattutto se saranno determinanti per la sua vittoria. Un’altra delle obiezioni commoventi di questi giorni in area PD è la domanda: ma allora volete che vinca Caldoro? Perché, c’è differenza?  E a vantaggio di chi? In realtà sotto  il vestito degli impresentabili non c’è niente, la grande occasione è andata perduta, da Caldoro a De Luca siamo dalla padella nella brace; ci sono delle altre scelte ma la frittata ormai è fatta.  Il partito sarà anche vivo e lotta insieme a noi ma non è mai stato così morto e ogni passione è spenta.  La passione da cui è stata contraddistinta la lunga stagione della sinistra, non può oggi che far registrare con tanto doloroso rammarico i fallimenti, le tante opportunità mancate, i veri e propri “misfatti” politici di un gruppo dirigente, di chi ha gettato via  un rilancio del mezzogiorno e del Sud, di cui Napoli è stato l’emblema e di cui la stagione dei sindaci ha rappresentato la possibile svolta,  tutte le imperdonabili colpe già elencate in una ormai copiosa pubblicistica. Una politica che via via negli anni ha allargato le maglie della corruzione, del parassitismo, che forse all’inizio della propria avventura ha anche avuto a cuore le sorti del paese ma poi hanno così prevalso il tatticismo, le strategie, le mediazioni, da dimenticare del tutto la “mission” iniziale  e alla fine ha vinto la logica del “potere per il potere”,  del potere che perde di vista la sua ragione d’essere.  Sembra allora facile dire oggi, “quelli sporchi non votateli”. Ma a parte la pessima figura, solo dieci anni fa, nelle elezioni del 2005, era proprio De Luca che tuonava contro  Bassolino che chi ha responsabilità di governo deve controllare anche le seconde file; che  alla domanda se c’era il rischio dell’infiltrazione della camorra, rispondeva: « più che il rischio, abbiamo la certezza e per questo dico: facciamo luce, si muova la politica, non solo la magistratura. Ci limitiamo a dire quel che pensiamo si debba fare. E la gente ci risponde: siete al potere da un sacco di tempo, fatelo. Accomodarsi a logiche di contrattazione politica significa tradire noi stessi». Appunto, dieci anni dopo avete tradito talmente voi stessi che forse gli impresentabili non sono quella paccottiglia di fascisti, predappiani e cosentiniani, facilmente individuabili, ma un gruppo dirigente di sinistra che con queste elezioni ha toccato il suo punto di non ritorno, il più basso della propria storia.

Nella foto Vincenzo De Luca e Ciriaco De Mita