Bye Bye classe operaia salernitana

classe operaia

Perché nessuno ne parla? Perché non sia ha il coraggio di raccontare la storia del declino industriale di questa città? Perché si finge di non sapere lo stato di necessità di famiglie indigenti che senza lavoro cercano di campare dignitosamente? Perché i salernitani si girano dall’altra parte? Né mi pare ci sia qualche esponente politico o istituzionale che si stia battendo per frenare la slavina delle attività produttive. Ex Pennitalia, Pastificio Amato, Cstp, Gama OX, Italcementi, per ricordare i casi più scottanti, sono tutte aziende in casa integrazione. Si potrebbe chiamare in causa la crisi per giustificare questi fallimenti? Se guardiamo ai casi Amato e Cstp certo non possiamo dare la colpa alla congiuntura economica. È stata la mano di uomini poco accorti (tanto per usare un eufemismo) che ha provocato una mala gestione e, dunque, il fallimento. Né ci possiamo avvalere dell’alibi della crisi, se pensiamo al progressivo svuotamento delle zona industriale, divenuta, col passare degli anni, zona commerciale e di espansione edilizia.

Lo stesso impianto del Marina d’Arechi è stato immaginato come sbocco diportistico in una zona della città riconvertita in area di servizi turistici e commerciali, alla cui spalle sorgono attrezzature sportive, ricreative e i palazzi per ricchi che si godono il panorama. Esclusive “torri gemelle”, per esclusivi acquirenti di attici con piscine pensili. Ricordate la vicenda della riconversione dell’Ideal Standard? Tutti abbiamo dimenticato il famigerato Sea park proposto da imprenditori emiliani (con tanto di lettera d’accompagnamento) all’amministrazione comunale? Ricordate la vicenda bit Valley? Pareva che il polo informatico salernitano stesse per diventare il principale competitore europeo della Microsoft. Si trattava, in entrambi i casi, di una bolla di sapone ai limiti della truffa. Questi esempi sono significativi: l’amministrazione comunale da quasi vent’anni sta comprimendo l’ex area industriale per fare spazio ad un quartiere residenziale tra il mare e la colline. Salerno novella Valencia: lì dove c’erano le fabbriche ora c’è la Città delle arti e delle Scienze; qui al posto delle industrie ci sarà una bella astronave in mezzo al mare contornata da palme, spiaggia, stabilimenti balneari, barche lussuose, hotel, cinema multisala e club esclusivi. Guarda caso sia a Valencia che a Salerno l’architetto è lo stesso: Santiago Calatrava. Vorrei perciò fare presente, con sommo rammarico, alle famiglie dei cassintegrati che è inutile sperare nella possibilità di tornare a lavorare in fabbrica, almeno se si vuole rimanere a vivere in questa città. Ormai è chiaro che l’idea della città turistica prevede la ristrutturazione economica intorno ai pilastri dei servizi e dei consumi. In conclusione chi pensa di poter fare l’operaio a Salerno è meglio che si mette l’anima in pace: o emigra o decide di lavorare a nero come cameriere in uno dei locali della Movida uber alles.