Bassolino sulle "Dolomiti" tra il Pd e il governatore

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Racconti di vita e di politica è il sottotitolo di “le Dolomiti di Napoli”, l’ultimo libro di Antonio Bassolino, presentato al Comune di Salerno nell’aprile dell’anno scorso insieme a Vincenzo De Luca, da sempre suo “compagno” e competitor. Quasi coetanei (del ’47 il primo, del ’49 il secondo), entrambi per autodefinizione “uomini liberi”, entrambi caratteri di tipo “A” (competitivi, assertivi, volitivi, sicuri di sé, efficienti, che vivono con liste di cose da fare, puntano dritto sugli obiettivi e non si rilassano mai). Insomma, i classici “uguali” che si respingono. Come infatti avvenne durante i 5 anni in cui «‘o re» si trovava alla guida della Regione e «‘o sceriffo» a quella della seconda città campana: tregua quando la borsa regionale si apriva, e scintille tutte le volte che per una ragione o per l’altra si chiudeva. Perciò quell’incontro, tenuto nel Salone di rappresentanza della Casa comunale di Salerno per parlare di un libro uscito 6 mesi prima, parve a molti se non proprio un patto o un accordo (ipotesi però smentita seduta stante da Bassolino) quanto meno l’avvio del disgelo in vista delle regionali del 2015. Sta di fatto che le Primarie allargate del Pd si svolsero in un clima di gentlemen agreement. Senza contestazione del metodo prima, né del risultato poi. Se accordo ci fosse stato di rispettare il risultato, qualunque esso fosse stato, non c’era dubbio che il perdente (Cozzolino, ma anche il suo sponsor Bassolino) si era comportato da vero gentleman. Ma se l’accordo ci fosse stato, è chiaro che non avrebbe riguardato solo le elezioni regionali, ma anche le amministrative del 2016, e segnatamente quelle nella città metropolitana di Napoli. Ora di fronte alla ridiscesa in campo di Bassolino (“suo malgrado”, stando alle sue stesse dichiarazioni), sarà interessante vedere come si muoverà (se apertamente si muoverà) il governatore Vincenzo De Luca. Che per ora appare in altre faccende affaccendato (anche qui per espressa dichiarazione), ma che un suo orientamento di massima lo ha lasciato dedurre nei mesi scorsi. Infati, “anzi tempo all’orco” il presidente dell’Eav, Umberto de Gregorio, nominato da De Luca e a lui vicinissimo nella campagna elettorale, si è fatto promotore dell’iniziativa di mettere in mano a 3 saggi (Bassolino, Ranieri e Pagano) la scelta del nominativo da candidare a sindaco di Napoli. Questo allo scopo principale di evitare le Primarie (occasione in cui il già diviso Pd campano rischierebbe di spappolarsi), e in subordine – ma non troppo - di evitare che proprio Bassolino maturasse la convinzione di ridiscendere in campo dopo essere stato già due volte sindaco della città. Iniziativa che viceversa (benché da più parti sconsigliato) ha preso per cercare (questa la buona intenzione) di tenere unito il partito, cui dai vertici del Nazareno nei giorni scorsi è stata imposta una direzione che ha lasciato scontenti soprattutto i settori più vicini al governatore. Ora bisognerà vedere quale piega prenderanno gli eventi da qui al voto delle Primarie programmate in tutta Italia per il 20 marzo. Sarà interessante sapere se ci saranno variazioni significative rispetto a quelle che servirono per scegliere De Luca (Bassolino ha già chiesto che non si passi da primarie aperte a primarie ad usum Delphini), ma soprattutto capire quali competitor riuscirà il partito nazionale (d’intesa o meno con il governatore) a mettere in campo. Perché si corre sempre il rischio che nessuno dei candidati proposti per arginare il possibile ritorno di “don Antonio” riesca nella missione. E che dopo il ruvese, diventi l’afragolese il secondo “amaro-campano” da ingoiare per l’intero establishment del partito romano. Piuttosto abile nel governo del Paese, ma quasi per niente nel governo delle periferie dem. Partito romano che ha tutto l’interesse (in questo coincidente con quello di Bassolino e dell’area politico-sociale che in lui ancora si riconosce) a mettere in campo un politico “di qualità” capace di bilanciare, e se occorra contrastare, l’egemonia deluchiana nella regione. Se Renzi fosse veramente quel furbo che si dice, forse calerebbe una corda a Bassolino che si appresta a scalare le “Dolomiti di Napoli” a distanza di due anni e mezzo dall’uscita di quel suo predittivo racconto di vita e di politica. Se fosse furbo, appunto. Perché la città metropolitana di Napoli coi 92 Comuni e i 3,1 mln di abitanti vale da sola più di mezza Campania. Certo Bassolino – benché assolto nelle varie vicende giudiziarie – non evoca proprio l’ideale del Buongoverno nell’immaginario collettivo campano e napoletano. Ma forse è al momento ancora il nome più proficuo (e questo è l’altro dramma del Pd) per tentare di battere il sindaco-arancione e le sturmtruppen dei pentastellati già alle porte.