Babbo Natale non viene dal Sud

babboSarebbe molto facile fare dell’ironia sul film nato per le Luci di Artista e affidato all'attore Maurizio Casagrande con altri produttori tra cui La Cucinotta, "Babbo Natale non viene dal Nord". Onesti artisti che fanno il proprio lavoro e vanno dove vengono richiesti. Figlio di Antonio Casagrande, tra gli interpreti di una importante storia teatrale, il giovane Maurizio si è fatto le ossa con compagnie napoletane, fiction televisiva, film con Vincenzo Salemme, fino ad un film tutto suo, “Una donna per la vita”  e qualche ruolo più impegnativo a teatro. Un attore di buona scuola napoletana, nulla di meno, nulla di più. Detto questo c’è allora da chiedersi da dove nasca questa vocazione sempre più compulsiva allo spettacolo da parte di un sindaco che pure dovrebbe essere oberato da ben più pesanti problemi. Potremmo dire che a volte anche la politica non vuole pensieri ma non ci sembra questo il caso. C’è insomma da capire le ragioni profonde di scelte che per applicazione e accanimento, travalicano le mere esigenze di una campagna elettorale permanente. Una attrazione tanto più anomala in un Comune che, mentre  non dispone di un programma per la cultura,  non fa che sfornare news sull'arte, sulla lirica e ora nel cinema, commissionato dal comune stesso. Se costituisse una autentica passione, non sarebbero state eliminate sale cinematografiche per far spazio a centri commerciali; né altri spazi, dall’Augusteo a Santa Sofia (ora richiesto dalla Curia), rimarrebbero chiusi o dati  gratis a totale discrezione (vedi Palazzo Fruscione alla cosiddetta Biennale).  Questa smania da impresario-produttore, cineasta, forse viene da più lontano. Nasce dalla scuola delle commissioni stampa e propaganda di partito, sebbene qui del tutto deviata verso una personalistica deriva. Il cinema di propaganda rappresentava un importante aspetto della comunicazione politica, uno strumento di consenso dei grandi partiti di massa, con film che dal dopoguerra agli anni ’70,  sono stati al servizio dei due principali partiti, PCI e DC con una produzione affidata ad artisti e registi famosi: De Santis, Bertolucci, Gregoretti, Lizzani, Maselli, Pontecorvo, Scola, i Taviani.  La Dc lavorava anche sui comici come Aldo Fabrizi o Franco e Ciccio. Un pezzo di storia italiana su cui la Cineteca del Comune di Bologna, l’ Archivio audiovisivo del movimento operaio, l’Istituto Gramsci e l’Istituto Luigi Sturzo hanno avviato una importante ricerca con catalogazione e messa in rete. Filmati, documentari, realizzati direttamente dai partiti, che venivano proiettati e distribuiti nelle sezioni, nelle case del popolo, o nel caso dei film di ispirazione cattolica, nelle parrocchie e raggiungevano capillarmente militanti e  potenziali elettori. Spesso enfatici e celebrativi,  essi hanno costituito un importante capitolo della storia del cinema con intere sezioni di festival ad essi dedicati come quella curata dal critico Tatti Sanguineti per il “Cinema ritrovato” bolognese. Famosi tra questi film, “14 luglio” sull’attentato a Togliatti, o  quelli dedicati a De Gasperi, alle diffusioni dei militanti del giornale L’Unità. Altri tempi, altri temi. Né va dimenticato che uno dei primi a comprendere l’importanza del cinema come strumento di propaganda fu Mussolini che pensò bene di controllare direttamente l’informazione che allora passava per i cinegiornali e che quotidianamente costruivano l’epopea trionfalistica del regime, tanto da statalizzare organismi e centri di produzione come Cinecittà. Forse è qui che va individuata la radice profonda di una idea così peregrina come il film salernitano, una sorta di  passaggio “storico” dall’Istituto Luce al film sulle Luci, un' ansia di visibilità e controllo che pervade la società e ne supervisiona tutta l’attività civile, dal lavoro, ai servizi, allo spettacolo. Attraverso la propaganda fascista passava il messaggio finto di un popolo felice  che copriva, sotto un paradiso di bugie, la situazione reale del paese. Così, analogamente, il film di Casagrande racconterà una città allegra e luminosa, irrorata dal meraviglioso, un’arcadia salernitana che copre le tante questioni irrisolte della città. Ma nessuno crede più alle favole e Babbo Natale non viene dal Sud.