B. B. King e quella notte magica del '92

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L’immagini indelebile che ho dell’unico concerto che B. B. King tenne nella nostra città, è quelle di Francesco Arcidiacono, l’attuale presidente dell’Arci, ai tempi direttore artistico del Salerno Blues Festival, sul palco montato all’Arena del Mare nel sottopiazza della Concordia, investito da decine di lattine di birra vuote e urla e fischi da parte di un pubblico che attendeva con ansia l’inizio del concerto. Stop

B.B. King, il re del blues, è morto questa notte nella sua casa di Las Vegas. Aveva 89 anni. Malato di diabete, anche di recente era stato ricoverato in ospedale a Los Angeles. Con lui scompare una legenda della musica black, che meglio di me, hanno raccontato in tantissimi. Ma per un appassionato di blues e giornalista, sottrarsi dal raccontare quel concerto del ’92 a Salerno è impossibile.

Era il 28 luglio. La voce del suo concerto a Salerno si era diffusa come una epidemia. E non rimase confinata nella sola città. A Salerno per quell’evento, arrivarono appassionati da tutta Italia. Da Bari ma anche da Bologna. Il Salerno Blues Festival era al suo apice più alto. In città, l’Arci e quel manipolo di appassionati (Peppe Zinicola, Franco Alfano, Enzo Zagaria, Mario Cortese ma anche il collega Alfonso Schiavino e il mai dimenticato fotografo, Pasquale Stazione), avevano inventato un sistema culturale che fu una manna per la Salerno degli anni Ottanta. Lo fu per il semplice fatto, che a Salerno, passò tutto il gota della musica blues e non solo attestando il festival di Salerno come il secondo in Italia dopo quello di Pistoia.

Il blues così come il jazz, erano un po’ il marchio di fabbrica di questa città. Il loro contraltare era la scena metal e quella post punk, che si contendevano la leadership in un circuito più underground, meno “festival di piazza” per intenderci; molto meno “soldi pubblici” per capirci.

IMG_9536Nel ’92 B. B. King aprì la due giorni della rassegna. Prima di lui sul palco suonarono i Rayland del chitarrista Peppe Zinicola. La seconda serata vide sul palco il progetto di Joe Sarnataro, quello con Eduardo Bennato e i Blue Stuff, aperto dalla big band di Stefano Giuliano.

Se parli con Francesco Arcidiacono, oggi, lui dice: «Cosa ricordo del concerto di B. B. King? L’ansia fottuta di trovare decine e decine di Coca Cola light da mettere nel camerino e nella sua stanza d’albergo così come il managment ci chiese». Il re del blues scese al Lloyd’s Baia Hotel di Vietri sul Mare. Arrivò con un pullman nella più tipica della tradizione blues americana quelle, per intenderci tra l’autoesaltazione ed il trash. Fu prelevato e portato in camera. Niente autografi né interviste. Un fantasma che si disperse nei pochi metri del corridoi prima di essere ficcato nell’ascensore, dopo che il suo staff ebbe disbrigato le operazioni di check in.

«La stessa cosa avvenne al concerto» racconta Arcidiacono. «Io non lo vidi. Arrivò a piazza della Concordia con il pullman, lo prelevarono e lo portarono in camerino. Poi al momento di suonare, lo ripresero e lo collocarono sul palco». L’arena era gremita all’inverosimile. Sulle assi di legno poggiate sulla struttura metallica, la gente rumoreggiava ed il concerto, fissato alle 21.30, tardava ad a partire. «La gente arrivava dal molo e si arrampicava sui containers che avevamo istallato per ricavarne i camerini. Dalla piccola spiaggia molti si aggrapparono all’inferriata. Una bolgia incredibile». La paura di chi, come me, era al centro dell’arena dopo una lunga fila all’ingresso, era quella che l’enorme massa di gente ci schiacciasse sotto il palco. «Nei giorni prima del concerto – ricorda Arcidiacono – avevamo percepito che l’evento oramai cresceva a dismisura, le telefonate arrivavano da tutta Italia. Personalmente chiesi alla Prefettura un supplemento di forze dell’ordine».

Un’ora di ritardo, le luci accese puntate sul pubblico. I fischi, le urla salivano come in una curva di uno stadio. Così, l’esile figura di Francesco Arcidiacono, salì sul palco. Magro, giacca stropicciata, voce tremante e borsa di cuoio stretta nella mano destra. La classica figura da funzionario del Pci, così almeno l’ho sempre immaginato io, degli anni Settanta. Prese il microfono e cercò di rabbonire il pubblico. Non ci fu verso. Dalle gradinate i cori e quelle decide di barattoli vuoti, e bicchieri, e carte, e cicche di sigarette, lo presero di mira. Nessuno avrebbe affrontato quella folla, nessuno avrebbe detto al microfono ai portoghesi che spuntavano dal tetto dei containers: “State attenti, vi fate male”. Le poche parole in questa bufera, furono: “State calmi: iniziamo”. Ed iniziò.

B. B. King fu trasportato dal camerino al palco, mentre Arcidiacono lasciava la scena raggomitolato nella sua giacca e con quella valigetta di cuoio marrone stretta nella mano, la stessa che conteneva l’incasso della serata «quello che ci consentì di pagare tutte le spese».

Le urla si trasformarono in cori di devozione. B. B. King seduto su una sedia, al centro del palco, con la sua fedelissima “lucille” tra le mani iniziò a suonare. Pochi istanti, luci bianche ancora accese, alte sul pubblico. Il tempo di scaldare la band, il tempo che servì al tecnico del suono per mettere a punto i livelli. Poi, quando il re del blues attaccò “The thrill is gone” il silenzio divenne assordante. E fu una notte magica.

«Ricordo che la notte non andai a dormire. Alla cinque del mattino ero in questura dove fui interrogato sui fatti del concerto». Non era accaduto nulla, ma qualcuno preventivamente, si mise le spalle al sicuro.