Ateneo: nuovo Rettore, nuove opportunità

Unisa

Non posso negare, in quanto ricercatore precario dell’Università di Salerno, di essere interessato al programma del Rettore appena insediato, prof. Aurelio Tommasetti. Nell’intervista a questo quotidiano ha posto tra le priorità l’internazionalizzazione e l’integrazione del campus nel sistema urbano della area metropolitana salernitana. Obiettivi fondamentali per sviluppare l’ateneo all’interno di un contesto che, mentre si globalizza, deve stimolare le forze più dinamiche del territorio. Un primo suggerimento spassionato è colmare il gap esistente tra istituzione e comunità locali. Non mi riferisco ai tanti accordi e protocolli, pur efficaci, sottoscritti con enti pubblici e imprese private, quanto alla necessità di guidare un processo di crescita generale per restituire slancio e competitività agli attori economici, sociali e culturali della nostra provincia.

Il campus, proprio per la sua dimensione urbana (una città che offre servizi ad oltre quarantamila persone), può divenire il play maker della programmazione di innumerevoli risorse materiali e immateriali ancora non pienamente valorizzate. Un centro nevralgico in cui le competenze scientifiche si intreccino con le pratiche amministrative degli enti locali e la cultura del fare degli imprenditori, accelerando processi di integrazione e sciogliendo i nodi burocratici. Non penso ad una stantia “cabina di regia” ma a un organismo esecutivo che sia in grado di costruire una visione del futuro sulla base di cooperazione e partecipazione. Con ciò non voglio affermare la superiorità della tecnocrazia, anzi, al contrario, penso alla capacità di questa di contaminarsi con le istanze politiche sorgenti dal territorio. Se l’università si muoverà in maniera risoluta agendo concretamente gli altri saranno costretti a seguirla. Un secondo suggerimento, mi sia consentito, è l’innovazione dell’offerta didattica, nonostante le ristrettezze di bilancio. Negli anni Novanta Scienze della Comunicazione, prima in Italia, rappresentò un attrattore notevole e i suoi primi laureati oggi sono tutti collocati in posizioni ragguardevoli. Questa volta, sempre guardando al futuro, si tratta di investire sulle digital humanities e in particolare su un corso di laurea in editoria digitale, ancora non attivo in nessuna università italiana. L’obiettivo è la formazione di figure professionali che possano inserirsi all’interno del mercato del lavoro in un’ottica di concezione del prodotto più che di creazione del contenuto. I prodotti editoriali non possono essere, semplicemente, accomunati in base al supporto – schermo piuttosto che carta – ma vanno elaborati in base al loro rapporto con lo spazio e con il tempo. Infine, un tema a cui tengo molto: lo studio dei fenomeni mafiosi in correlazione ai suoi intrecci economici, sociali e culturali. Molte sono le tesi di laurea su questo argomento ma non esiste nella nostra università, né negli altri atenei campani, una struttura di studio e ricerca interdisciplinare in grado di configurare un metodo di lavoro scientifico a cui non manca l’afflato dell’impegno civile. Non si tratta di attivare un semplice corso di Storia della mafie come hanno fatto a Napoli, Roma, Cosenza, Pavia, Bologna ma di organizzare un osservatorio in grado di supportare trasversalmente i corsi di laurea e le istituzioni competenti. Nella primavera di quest’anno l’associazione Libera ha presentato al precedente Rettore una proposta di protocollo da cui si potrebbe partire. L’università può e deve essere la scintilla che appicca il fuoco della scienza e delle opportunità. Non mi rimane che augurare buon lavoro al prof. Tommasetti.