Ai salernitani piace la patata olandese

patate olandesi

Proprio ieri un amico mi diceva di essere stato attratto dal buon odore proveniente da un negozio che vende patatine fritte sul Lungomare. Nonostante la dieta si è lasciato tentare e ha voluto provarle. Il suo giudizio è stato positivo: croccanti, asciutte, poco acide, un sapore tondo (non so cosa significhi ma è quanto mi è stato detto). Ha poi concluso: “Non c’è dubbio le patate olandesi sono superiori”. Parliamoci chiaro: una simile espressione in un altro contesto (per esempio uno spogliatoio maschile) avrebbe assunto un significato del tutto diverso, degno del più becero gallismo meridionale. La moda delle patatine fritte ha conquistato la città. Sui giornali si è sottolineato con enfasi l’arrivo del marchio made in Amsterdam, qualcuno ha addirittura esaltato la capacità del capoluogo di attrarre capitali stranieri. Tuttavia, da quel che si legge, i riferimenti locali degli investitori non appartengono al settore della ristorazione. Sembra più un tentativo di diversificare la principale attività commerciale con attività collaterali di facile gestione.

Per mia curiosità sono andato a cercare in rete le catene che hanno inventato il business della patata. Ho trovato un sito in lingua italiana, “queenschip.eu”, nel quale si descrivono le meraviglie del prodotto certificandone la provenienza dai Paesi Bassi (ma non si capisce come). Nei Credits scopro che il sito è stato realizzato dalla società “Weekendstudio” la cui mission è: creare packaging e sviluppare strategie per l’affermazione del brand. Ho provato a cercare nel web altre notizie sull’azienda ma non ho trovato nulla oltre la suddetta scheda di presentazione. Ho scaricato dal sito di Queen’s Chip, quindi, la brochure contenente le informazioni per aprire un punto vendita in franchising, sperando di trovare finalmente l’origine olandese. Sono rimasto deluso. Il marchio è della “First srl” con sede legale in via Irno, qui a Salerno. Ho compreso, però, che per aprire un locale di questo tipo bisogna avere: un locale con un superficie tra i 30 e i 50 mq (in zona pedonale), 50mila euro per le attrezzature e gli arredi e uno staff di 4 persone. La promessa è un’apertura rapida (circa 30 giorni) con un royalty del 5% alla casa madre. Non mi sono dato per vinto e ho continuato la mia ricerca. Sono arrivato al sito “Chipstar.nl” (il dominio è registrato nei Paesi Bassi). Anche in questo caso mi sono trovato di fronte ad una pagina web in lingua italiana. Scorrendola fino in fondo ho notato che l’attività è intestata alla “Chipstarfood” con sede a Napoli in via Depretis. Il primo store è stato aperto al Vomero in via Scarlatti. A questo punto ho cercato “Chipstar Salerno” e mi è apparsa una società con sede a Grumo Nevano (Na). Dei fiamminghi nemmeno una traccia. Dalle mie ricerche online deduco che l’iniziativa è stata intrapresa da imprenditori campani. La Confcommercio di Napoli (dove si sono aperti, come a Salerno, più punti vendita contemporaneamente) ha dichiarato la sua perplessità di fronte all’improvvisa invasione delle patate olandesi. Nella nostra città nessuno ha battuto ciglio sull’esplosione del fenomeno. Facendo qualche calcolo per difetto si arriva a circa mezzo milione di euro di spese per l’avvio e il personale (senza contare i canoni di locazione e delle utenze). Mi piacerebbe sapere da dove proviene tutta questa liquidità di denaro e soprattutto come sono riusciti questi imprenditori a recuperare capitali abbastanza ingenti in così poco tempo. Vuoi vedere che in Campania ci sono le risorse per risolvere la crisi e non ce ne siamo accorti? La patata fa rumore e richiama attenzione la simultaneità delle aperture, ma qualcosa di simile già è accaduto in città senza destare il minimo clamore. Negli ultimi due anni, infatti, sono spuntati come funghi (quasi in ogni quartiere) pub irlandesi che spillano tutti la stessa birra proponendo menù identici. Sarebbe interessante indagare con maggiore attenzione la moda del fast food che orienta e modifica lo stile di vita delle nuove generazioni investendo risorse economiche e mobilitando forza lavoro a basso costo. Ma questo non è il mio ruolo anche perché a me la patata olandese piace.