AEROPORTO: PIU' CHE VOLARE E' GIUNTA L'ORA DI CORRERE

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Un De Luca Superman dichiara a Telecolore l’otto ottobre scorso: “quando parlate con me, non parlate in termini di anni, parlate in termini di minuti”. Preso atto che il sistema industriale locale è saltato, il futuro di Salerno e della provincia va ripensato e riorientato. Salvando il poco che è salvabile e concentrandosi sulla vocazione turistica di quelle aree della provincia che dispongono di attrattori storici, culturali e ambientali di standing mondiale. Dove il capoluogo si ritagli il ruolo di catalizzatore dei flussi attraverso il polo crocieristico, i porti turistici e soprattutto l’aeroporto Costa d’Amalfi. Per il quale, dopo l’uscita di scena del presidente della CCIAA Strianese, poco si è aggiunto al molto da lui realizzato. Si è fatta a lungo accademia su come si dovesse privatizzarne la gestione, dopo che l’Ente aveva chiarito di non potersi spingere oltre, essendo stata l’infrastruttura costruita e ultimata grazie al proprio impegno finanziario. Erano gli anni in cui la politica (leggi i Comuni aderenti al Consorzio) non solo faticava a metterci soldi, ma pretendeva anche, secondo un radicato costume, di comandare. In particolare, il Comune di Salerno, che aveva un ruolo di rango nel Consorzio, aveva spinto per la costituzione di una Commissione che preparasse il Bando europeo per la cessione delle quote di maggioranza della Spa che gestiva lo scalo. Il team si era costituito e aveva litigato pure. Ma non approdò a nulla. Si rese solo conto che indicendo la gara con la pista inadeguata ci si esponeva a farla disertare, pregiudicando così anche i tentativi futuri. L’idea della Committee venne fuori per impedire che la gestione dell’infrastruttura fosse affidata alla Gesac che gestiva già lo scalo di Capodichino. Del resto, era stata l’Enac ad attribuire allo scalo picentino il ruolo di “integrare Napoli-Capodichino”. Sulla scorta di quanto avveniva in altre regioni (per esempio nel Veneto, dove la Save gestiva il Marco Polo di Venezia e il Canova di Treviso). L’affidamento alla Gesac era sostenuto da Strianese e Valiante (Antonio) che rappresentava Bassolino. Salerno si oppose a quella che appariva (ed era) una trattativa privata che l’avrebbe tenuta fuori, e sulla quale non sarebbe stata in grado di incidere. Così quando il Costa d’Amalfi passò, con la presidenza di Fasolino, nell’area di influenza del centro-destra, fu fatto l’unico tentativo concreto di affidamento tramite gara. Si presentò solo l’argentina Corporaciòn America, un network aeroportuale attivo nel Sudamerica. Le sue condizioni non furono però accolte, mentre la Gesac continuava a premere in via giudiziaria per vedersi assegnata la gestione. Il passar del tempo ha fatto prevalere il principio di realtà. E pochi giorni fa, proprio il Governatore De Luca – grande avversatore della Gesac - ha dato per imminente un accordo di joint venture tra questa e lAeroporto Costa d’Amalfi, indicando persino il numero di passeggeri raggiungibile: 4 milioni in pochi anni. Ipotesi azzardata, visto che nel 2015 Capodichino ne ha fatti sei, e che per il sottosegretario ai Trasporti Del Basso De Caro potrebbero arrivare a 2 milioni entro il 2020. Certo, oggi che la Regione Campania partecipa con 2 milioni (1,4 già conferiti) al capitale del Consorzio proprietario della Spa di gestione, il potere contrattuale sul partner è destinato a pesare. E in prospettiva il Costa d’Amalfi potrebbe diventare, una volta prolungata la pista, il quarto scalo meridionale dei voli Ryanair, dopo Palermo, Bari e Trapani. Per ora però più che volare bisognerà correre per ottenere l’autorizzazione ministeriale ventennale e prolungare fino a 2.000 metri e oltre la pista. E tutto andrà fatto entro il 2019, l’anno di “Matera città europea della cultura”. Perché la Regione Basilicata, che nel 2014 rinunciò a 9 milioni di fondi Pon in favore dello scalo salernitano, decidendo di puntare su Salerno, anziché alimentare il sogno lucano di avere l’aeroporto a Pisticci (dove esiste un’aviopista intitolata a Enrico Mattei), non vorrebbe scoprire di aver preso un abbaglio, entrando nel capitale della società consortile con 2 milioni di euro (di cui sottoscritti 800 mila) in partecipazione paritaria con la Regione Campania. Sicché ora non ci saranno alibi per De Luca, che governa la Regione, ha suoi uomini nel Consorzio e nella Spa di gestione, gode delle premure del Governo e dispone di mezzi finanziari mai visti finora. Deve solo fare un miracolo au contraire, e realizzare in due anni quello che gente come lui nasce per saperlo fare “dans l’espace d’un matin”.