Салерно e il sogno di Ivana

Cremilino

Ho colto commenti positivi nelle comunità di migranti dell’est europeo. Passando per piazza S. Francesco, dove uomini e donne usano incontrarsi per chiacchierare nella loro lingua, Ivana, una robusta badante sulla cinquantina, mi ha detto che sarebbe “biello” (con le “e” biascicata tipica della parlata slava) se il tovarìch sindaco avesse dato ascolto al compagno Maximo. Non riuscivo a seguire il suo ragionamento. Credevo che non fosse in grado di esprimersi compiutamente in italiano. Mi sbagliavo; infatti, notando l’inespressività del mio volto ha cercato di spiegare: “Immagina che biello sarebbe se all’ingresso della città ci fosse un cartello (mi mostra un foglio scritto in cirillico) con Добро пожаловать в Салерно (ovvero la traslitterazione di Benvenuti a Salerno).

Sarebbe un bel riconoscimento al nostro lavoro”. La guardo sempre più dubbioso, ma lei insiste con la cantilena: “Ti pare giusto che è stato messo il dragone con le lanterne per far contenti i cinesi e a noi non hanno dedicato nemmeno una stradina per le освещение художник (così le ha chiamate le luci d’artista)? Noi che ci occupiamo da anni dei tanti anziani di questa città, lasciati soli dai figli perché non hanno tempo”. E, con una punta di risentimento, aggiunge: “Dicono che veniamo qua per rubare le pensioni ai vecchietti e che i nostri uomini sono ubriaconi, ma ogni fine settimana vi lasciate travolgere dai Tartari (proprio così li ha definiti), che vengono a vedere le lucine, e, nella speranza di guadagnare qualcosa come degli accattoni, vi ritrovate con la sporcizia dappertutto, senza parlare dei topi che scorrazzano tra le bancarelle del Lungomare. Quando da ragazza lavoravo a Mosca la piazza Rossa e il Cremlino brillavano come stelle sotto la neve. C’era una bella atmosfera, ordine e pulizia”. “Ma c’era anche il regime”, rispondo stizzito. Ivana sorride stringendo gli occhi rugosi: “Secondo te perché in tanti siamo venuti qua?”. “Per cercare fortuna in occidente dove c’è benessere e libertà”, controbatto. “Si è così, ma Салерно la preferiamo a tante altre città perché qui c’è il tovarìch, un uomo tutto d’un pezzo, proprio come i nostri vecchi leader comunisti”. Dopo questa ultima battuta la saluto un po’ frastornato. Mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa che mi sollevi dalla sensazione di squallore sovietico impressami da Ivana. Pensavo al Crescent e mi veniva in mente l’hotel Lux, guardavo l’Irno e mi appariva la Moscova, osservavo il municipio e mi pareva di scorgere le guglie del Cremlino. Ero in preda alle allucinazioni. Poi mi sono ricordato del crack Amato, del familismo politico/elettorale, delle indagini della procura, del suino recapitato a domicilio e mi sono rasserenato: questa è Salerno altro che Салерно! Mi dispiace per il sogno nostalgico ma Ivana è fuori strada. Chissà come reagirà se il tovarìch sarà costretto a dimettersi.