«Moro, un uomo solo ma che parla al futuro»
Gifuni al Verdi porta in scena “Con il vostro irridente silenzio”
“Con il vostro irridente silenzio” è il titolo dello spettacolo che mercoledì, alle ore 20, va in scena al Teatro “Verdi” di Salerno. Protagonista è Fabrizio Gifuni che incontrerà ancora Aldo Moro attraverso la fine dicitura delle sue lettere dalla prigionia, quasi un testamento.
Gifuni, le figure di Moro e di Pasolini sono oggetto dei suoi studi e delle sue interpretazioni. È possibile, seppur nella differenza, trovare un filo comune?
Il progetto completo “I fantasmi della nostra storia” è composto da due spettacoli differenti, questo su Moro e “Il mare dei ricci. Ragazzi di vita ed altre visioni” su Pasolini. I corpi di Moro e Pasolini sono corpi insepolti, legati a una fine violenta, corpi che segnano una linea di confine in un punto della nostra storia in cui si apre una faglia tra un’Italia del Dopoguerra che arriva fino agli anni ’70 con le loro morti e quella dopo gli anni ’80.
Cosa avviene dopo?
Inizia una fase di rimozione della nostra memoria collettiva, quasi a voler dimenticare ma che poi diventa qualcosa di strutturale che crea danno.
Perché avviene ciò?
Gli spettri sono corpi a cui non è stata degna sepoltura. Tornano a ricordarci le loro parole e la loro storia. Nelle carte di Moro che leggerò sembra che parli già da fantasma.
Un fantasma prigioniero di un’Italia in mano a complotti, terrorismo ed eversione?
Parla come se non ci fosse già più, un fantasma destinato a tormentare la memoria di molti, a cominciare dai suoi ex amici.
Avendo interpretato Moro diverse volte, dal “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana sino a “Esterno notte” di Marco Bellocchio, come ha avvertito su di se quella “corporalità” del personaggio?
Una splendida osmosi in cui teatro, tv e cinema hanno dato linfa all’altro. Certe profondità le ho raggiunte grazie al lavoro e alla ricerca teatrale e dopo l’esperienza di “Esterno notte” il mio lavoro teatrale si è arricchito. Sono due lavori complementari, uno il controcampo dell’altro: “Esterno notte” racconta tutto ciò che avviene dall’esterno, nei palazzi, nelle strade, mentre “Con il vostro irridente silenzio” narra quello che avviene in quella prigione nei 55 giorni. Queste carte devono diventare patrimonio comune della nostra storia e identità.
Cosa si legge quindi nel suo spettacolo?
La storia del nostro Paese in un momento di grande tensione. La lingua di Moro è cristallina, pura, comprensibile a tutti. Sono lettere di un uomo che si sente tradito dopo 33 anni di Dc. Così come 33 sono anche gli anni di matrimonio con sua moglie. Un numero, una coincidenza per una persona di fede come lui. Sono lettere che ci aiutano a ricostruire il nostro presente per pensare al nostro futuro.
Stefano Pignataro
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Gifuni, le figure di Moro e di Pasolini sono oggetto dei suoi studi e delle sue interpretazioni. È possibile, seppur nella differenza, trovare un filo comune?
Il progetto completo “I fantasmi della nostra storia” è composto da due spettacoli differenti, questo su Moro e “Il mare dei ricci. Ragazzi di vita ed altre visioni” su Pasolini. I corpi di Moro e Pasolini sono corpi insepolti, legati a una fine violenta, corpi che segnano una linea di confine in un punto della nostra storia in cui si apre una faglia tra un’Italia del Dopoguerra che arriva fino agli anni ’70 con le loro morti e quella dopo gli anni ’80.
Cosa avviene dopo?
Inizia una fase di rimozione della nostra memoria collettiva, quasi a voler dimenticare ma che poi diventa qualcosa di strutturale che crea danno.
Perché avviene ciò?
Gli spettri sono corpi a cui non è stata degna sepoltura. Tornano a ricordarci le loro parole e la loro storia. Nelle carte di Moro che leggerò sembra che parli già da fantasma.
Un fantasma prigioniero di un’Italia in mano a complotti, terrorismo ed eversione?
Parla come se non ci fosse già più, un fantasma destinato a tormentare la memoria di molti, a cominciare dai suoi ex amici.
Avendo interpretato Moro diverse volte, dal “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana sino a “Esterno notte” di Marco Bellocchio, come ha avvertito su di se quella “corporalità” del personaggio?
Una splendida osmosi in cui teatro, tv e cinema hanno dato linfa all’altro. Certe profondità le ho raggiunte grazie al lavoro e alla ricerca teatrale e dopo l’esperienza di “Esterno notte” il mio lavoro teatrale si è arricchito. Sono due lavori complementari, uno il controcampo dell’altro: “Esterno notte” racconta tutto ciò che avviene dall’esterno, nei palazzi, nelle strade, mentre “Con il vostro irridente silenzio” narra quello che avviene in quella prigione nei 55 giorni. Queste carte devono diventare patrimonio comune della nostra storia e identità.
Cosa si legge quindi nel suo spettacolo?
La storia del nostro Paese in un momento di grande tensione. La lingua di Moro è cristallina, pura, comprensibile a tutti. Sono lettere di un uomo che si sente tradito dopo 33 anni di Dc. Così come 33 sono anche gli anni di matrimonio con sua moglie. Un numero, una coincidenza per una persona di fede come lui. Sono lettere che ci aiutano a ricostruire il nostro presente per pensare al nostro futuro.
Stefano Pignataro
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